Sempre più nella metropoli occidentale di fine millennio, l’individuo avverte una sensazione di perdita. Perdita del senso del proprio esistere, avvertito come non esclusivamente riducibile al ciclo produzione, consumo, ricreazione; perdita della connessione con la Natura, luogo d’origine dell’essere umano; perdita del collante sociale, comunitario e conseguente isolamento nella moltitudine anonima; perdita del contatto con le proprie risorse creative. Perdita, in definitiva, del senso di sé, del rispetto per la sacralità che la propria natura di essere vivente, unico e irripetibile, comporta. Questa sacralità – la capacità di cogliere l’essenza divina di ogni espressione del vivente – era alla base del pensiero e dell’agire nel mondo della più antica tradizione comune a tutta l’umanità la tradizione dello sciamanismo, capace di cogliere l’unità fondamentale del creato, il “Tutto Ë Uno”, e di trascendere il senso di solitudine dell’individuo parcellizzato ampliando i limiti della sua coscienza, fino a condurlo a esperienze interiori di profonda unione con le forze dell’universo.
Così recitavano le prime righe della presentazione al Convegno L’eredità della Tribù che si tenne a Milano nel novembre 1999.
Sacralità, unità, esperienza interiore, estasi, stati di coscienza le parole d’ordine. Parole che appartengono al versante scordato della storia e che prefigurano atti e riti concepiti nel grembo fecondo della Dea, ai tempi dei cerchi intorno al fuoco, delle danze alla luna e delle pietre verso l’alto.
. La visione transpersonale raccoglie l’invito all’atto sacro, all’espansione dei limiti della coscienza ordinaria, all’esperienza estatica con le forze della natura, si rivolge al unità del vivente con umiltà e rispetto, ma allo stesso tempo vuole conferire alla sua prassi garanzie di validità e dignità scientifica.
Le tre rivoluzioni
Nel campo della scienza ci sembra di poter delineare tre grandi innovazioni avvenute nell’ultimo secolo e per lo più ancora trascurate dal modello culturale dominante ma che conferiscono forza e dignità alla visione transpersonale. Si tratta della più nota “rivoluzione dei quanti” della meno nota “rivoluzione archeologica” e della sconosciutissima “rivoluzione biologica”.
La rivoluzione archeologica
Così come l’impresa di Colombo ci svela un nuovo straordinario mondo, così le scoperte dei nuovi siti archeologici del Neolitico e l’utilizzo di tecnologie di indagine più avanzate ci rivelarono l’esistenza di una storia prima della storia, nella quale l’uomo per millenni aveva vissuto in pace. Le scoperte dei siti archeologici di Catal Huyuk e di Hacilar in Anatolia, così come degli insediamenti di Vinca, Butmir, Petresti, Cucuteni e molti altri, ci svelano in modo inequivocabile una civiltà dell’Antica Europa che parlava, come scrive l’archeologa Marija Gimbutas, il linguaggio della Dea . Un linguaggio che sembra fosse parlato da ogni manifestazione del vivente. Nel neolitico, nell’antica Europa, la religione era vita e la vita religione, la religione della Grande Dea che personificava l’unità fondamentale del creato.
Si tratta di un periodo di diverse migliaia di anni, approssimativamente tra il 7000 ed il 3500 a.C. durante il quale si verificò un progresso costante in tutte le tecnologie di base su cui si fonda la civiltà. Si svilupparono un’organizzazione sociale evoluta, un fiorire di arti e mestieri specializzati, si crearono complesse istituzioni religiose e statali, si lavorarono i metalli, si elaborarono rudimentali forme di scrittura e soprattutto si visse in pace e prosperità nel culto della Dea. Culto che, rappresenta l’espressione di quella religiosità primordiale legata al mondo della natura, intorno alla quale si è sviluppata la visione transpersonale. Una religiosità fondata sull’amore per la natura, la ricerca estatica dell’armonizzazione con essa, l’esperienza mistica di fusione col divino. Una religiosità che contempla l’esperienza diretta, immediata e totale della divinità, un’esperienza che non separa la sfera corporea da quella intellettuale o spirituale, riconosciute invece come indissolubilmente legate.
Una religiosità dove bellezza e crudeltà, amore ed aggressività, luce e tenebre sono diverse forme di materializzazione del corpo di Dio e dove, pertanto, ogni essere, ogni manifestazione del vivente, assume un carattere sacro ed ogni azione si svela come una cerimonia trascendente, orientata all’armonizzazione con le forze del mondo spirituale. Una religione, in definitiva, dove l’unica legge è la legge della naturalezza naturale e la virtù delle virtù è conformarsi a ciò che è ed onorare così la propria natura
La Rivoluzione dei quanti
La rivoluzione archeologica portò nuova acqua a quella che già era stata definita Rivoluzione dei Quanti nel campo della fisica. Vale a dire l’elaborazione di nuove linee culturali e la definizione di un nuovo paradigma a partire dalle acquisizioni della teoria della relatività di Einstein, del principio di complementarietà di Bohr e di indeterminazione di Heisenberg.
Si tratta del flusso di pensiero e di coscienza sostenuto dal nuovo paradigma olistico emergente, grazie al quale, dopo alcuni secoli di scienza positivista e dopo alcuni millenni di separazione dell’individuo da se stesso e dalla natura, l’uomo del nostro tempo, può finalmente ritrovare gli occhi chiari, il cuore leggero, la mente vuota dello sciamano e recuperare e riproporre quella dimensione estatica, unitaria dell’essere che si era persa nei percorsi tortuosi della storia.
Il nuovo paradigma olistico emergente nel campo della scienza, ha,infatti, come presupposti ormai consolidati la coincidenza tra energia e materia, la complementarietà di corpo e mente, l’esistenza di un flusso interconnesso di eventi per il quale il tutto è nella parte e la parte è nel tutto. Sostiene, di conseguenza, il modello culturale transpersonale in ambito umanistico, ed è in piena sintonia con quello che nella concezione di Terence Mc Kenna è definibile come Rinascimento Arcaico.
Il Rinascimento Arcaico, si propone come un processo di revisione della storia ed un recupero di quanto di buono abbiamo perso per strada nel corso dei millenni. Crede che la condizione di pericolo nel quale versa il pianeta terra sia direttamente connessa alla soppressione del fascino naturale che gli esseri umani provano nei confronti dell’espansione della coscienza; che il profondo disagio esistenziale, la crisi di valori, la concezione materialista siano direttamente connesse all’espulsione del sacro dalla natura, al furto della coscienza da parte della ragione. L’inaridimento emotivo, l’interruzione del flusso di entusiasmo per la vita sono la conseguenza dell’impedimento dell’estasi, di ogni forma di ampliamento o dissoluzione dei confini dell’Io in direzione al SÈ.
Per questo, propone unendosi a tutto il vasto movimento culturale che opera per l’affermarsi di un nuovo paradigma nella scienza e nella società, basato sulla condivisione piuttosto che sul dominio, la revisione ed il recupero della gnosi sciamanica, la quale trova nell’atteggiamento sacro nei confronti di ogni manifestazione del vivente, nella dissoluzione estatica dei confini dell’io, nel profondo legame con la Madre Terra, nel dialogo stretto con il Padre che sta nei cieli e la sua mente non vista, le sue istanze fondamentali.
La Rivoluzione biologica
Secondo l’eminente biologo Adolf Portmann “Il compito dell’autopresentazione influisce sulla formazione del fiore non meno delle esigenze riproduttive” .
In questa frase potremmo sintetizzare i termini di quella che, se le teorie di Portmann si riveleranno fondate, potremmo chiamare “rivoluzione biologica” e affiancarla alle due già citate, quella archeologica e quella dei quanti.
E di rivoluzione si tratta perché, in effetti, quello che dice Portmann suona così: l’apparire alla luce è una caratteristica essenziale della vita.
Sopravvivere o apparire alla luce? Darwin o Portmann? Selezione naturale o autopresentazione? Ego o sè? Dominio o condivisione ?
Di nuovo la diade. Dunque la vita si esaurisce nella lotta per la sopravvivenza del più adatto o contiene in sè una connotazione evolutiva, un anelito verso la luce?
Il modo ulteriore, modello di pensiero che sostiene la visione transpersonale, risponde così: le diadi non si contrappongono, in quanto si risolvono nell’Uno. La lotta per la sopravvivenza del più adatto consente l’autopresentazione alla luce dell’essere vivente, la pienezza dell’autopresentazione nell’essere vivente ne determina la sua sopravvivenza in quanto più adatto.
La visione transpersonale pertanto ammonisce: non fermarti alla lotta per la sopravvivenza, guarda oltre il tuo naso, oltre i tuoi interessi e bisogni personali. Vivere significa esprimere tutto il tuo potenziale creativo, non solo difendere e conservare il tuo spazio, trascendere le proprie pene personali e accedere alla dimensione del significato, non solo lottare per il soddisfacimento dei propri bisogni, trascendere il proprio slancio espressivo nella resa alla forza, i propri concetti intellettuali in quella che Jung chiamava l’obbedienza alla consapevolezza.
Djirendra
Tribù: Quale eredità?
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