Che ci faccio qui?
P. L. Lattuada
La domanda per eccellenza. La domanda con la quale molti di noi si rovinano la vita. Chi ignorandola e vivendo in modo superficiale dominati dalle passioni della necessità, chi ripetendola dentro di sé ossessivamente senza trovare una risposta e sentendosi per questo infelice, insoddisfatto, fuori posto, chi trovando risposte di comodo, prese a prestito dalla cultura dominante o alternativa che sia, da un credo religioso o politico, chi credendo di potersi permettere il lusso di ignorarla.
La varietà delle spiegazioni che ci diamo per stare su questa terra rendono ragione della biodiversità degli esseri umani e dei molteplici stili di vita, caratterizzati dai più diversi usi e costumi, abitudini e comportamenti.
La bellezza della varietà è però spesso oscurata dal fatto che ciascuno tende a considerare la propria posizione come la migliore e ad aggrapparsi alle proprie convinzioni con tutte le sue forze.
Questo è dovuto, in ultima analisi, alla paura che abbiamo della vita e della sua incessante creatività, la quale non può essere imprigionata in forme definitive o controllata e sottomessa alla nostra piccola volontà.
E la vita, che ci piaccia o no, coincide con quel principio sessuale che anima tutte le cose.
Intendiamo con questo, non solo la componente sessuale più propriamente detta, ma più in generale la forza vitale, lo slancio creativo, la passione, il desiderio, la ricerca del piacere, tutto quanto, insomma, può essere definito dalla metafora del fuoco.
Un principio che contiene in sé una forza dirompente la quale minaccia costantemente di divampare se non controllata e allo stesso tempo non può essere repressa. Una forza che insegna a fluire nella vita con fiducia e consapevolezza, che richiede un si totale e incondizionato, alla quale solo uno sciocco potrebbe opporsi. Una forza che per essere padroneggiata richiede il comportamento paradossale di controllare lasciando fluire, di affidarsi per dirigere, in un costante dialogo partecipativo con l’altro e con l’ambiente che ci circonda.
Una forza che anima tutte le cose e che viene indicata dalle diverse tradizioni e dalle diverse discipline con i termini più svariati.
Riducendo le diverse concezioni ai minimi termini, possiamo azzardare la seguente sintesi: ogni cosa è animata da un principio vitale caratterizzato da polarità e ritmo di ordine sessuale.
La vita si mantiene grazie al dialogo incessante tra gli esseri viventi che interagiscono l’un l’altro spinti da questo principio, il quale sembra obbedire a quella che chiameremo Legge della Trasformazione.
Si tratta di una Legge che regola ogni manifestazione del vivente in quanto insieme di processi dinamici organizzati attraverso il trascendimento e l’inclusione dei complementari in un’unità di ordine superiore che li comprende.
Si tratta di una Legge dimostrata dall’evidenza, che si rinnova e auto-convalida in ogni istante sotto i nostri occhi.
A condizione che noi osserviamo con occhi chiari.
Sotto i nostri occhi, in ogni istante il due si fa uno, ogni polarità s’incontra e ricompone in un’unità che la comprende: osserviamo il nostro respiro, il battito del nostro cuore, la pulsazione delle nostre cellule, la peristalsi delle nostre viscere, i nostri passi mentre camminiamo, la meccanica della nostra bocca quando mangiamo o della nostra lingua quando parliamo, della nostra gola quando cantiamo, il volo di un uccello, lo strusciare di un serpente, lo sbocciare di un fiore, l’andare e venire dell’onda, l’agitarsi delle foglie al vento, il brillare di una stella e potremmo continuare ad oltranza.
Ecco la Legge: ogni cosa pulsa, ogni manifestazione del vivente è dotata di polarità e ritmo, un fenomeno talmente evidente sotto i nostri occhi, da non essere visto, da essere ignorato dalla cultura condivisa e da un certo mondo scientifico.
Ecco il problema: la Legge della Trasformazione non ê funzionale alla nostra mente ordinaria. Quest’ultima opera secondo una logica lineare, duale, razionale, la Legge della Trasformazione ci svela un mondo circolare, unitario, paradossale. Un mondo dove, nel concetto stesso di trasformazione è implicito il paradosso del due che si fa uno. La nostra mente cerca l’equilibrio nei punti di riferimento, la sicurezza nelle certezze, la stabilità nelle convinzioni, l’identità nei meccanismi di difesa. La Legge ammonisce: l’equilibrio negli organismi viventi è mantenuto non nella staticità e nella chiusura ma nel dinamismo e nell’interazione, ê mantenuto grazie alla capacità di perderlo, ritrovato grazie alla rinuncia a trattenerlo.