So


So
di graffi sul cuore
tuttora brillanti rubizze lacrime
o disinvolte concessioni al sorso profano.
Vidi, con l’ausilio dei vati,
il ricamo del medo
tessuto nei tuoi gesti.
Scorsi
lo squarcio ebbro d’estasi
sonnecchiare
all’ombra ruvida dell’indipendenza,
oppure la rincorsa fragrante dei solitari
sottovoce
rosicchiare chances all’amore,
al battito fecondo della grazia,
alla liturgia impavida del contatto
celebrata dalla vertigine delle tue cellule
vibranti il rimbalzo giusto della vita.
Canto l’inno ridondante dell’onda
depositarti altrove.
Invoco l’India Presenza
che ti accudisce l’anima
soffiarti sul viso
la perla lucente dell’inizio,
eterna memoria del passaggio da Dio
prima di sottrarti alle trame del fato.
Prego
l’umida voglia del tuo ventre
banchettare alla corte del supremo.
Dico
alla tua Vergine Pregna
il percorso dell’Ade,
sontuosa soglia
per il battito in festa di un risveglio.
Attendo,
rovistato dai sensi,
gozzovigliarti dentro la fiducia
per un ritorno a casa.

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