Per prima cosa dobbiamo ricordarci che, tradizionalmente, i pretos velhos e le crianças, come i caboclos, non sono Orixàs, non provengono dalla mitologia Iorubà africana. In quanto rappresentazioni archetipiche della forza spirituale, rispettivamente dei vecchi saggi e dei bambini, originarono durante il periodo della schiavitù, nel quale si differenziarono i vari culti sincretici afro-brasiliani.
Come gli Orixàs erano antenati che vennero divinizzati, così i pretos velhos rappresentano l’energia vibratoria degli schiavi negri più anziani i quali seminarono nel mondo, onorandola con il loro comportamento, la forza di qualità come: l’umiltà, la compassione, la serenità, la pazienza, l’amore, il perdono, la carità, la sopportazione e la preghiera.
Le crianças rappresentano quell’energia vibratoria del gioco e dello scherzo, dell’innocenza e della spensieratezza che i bambini degli schiavi non smettevano di donare al mondo nonostante la miserabile condizione nella quale versavano.
La loro forza riconduce, pertanto, a qualità quali la spontaneità, la naturalezza, l’immediatezza, la purezza, l’istintività, la genuinità, la semplicità e così via. Riflettendo sulle figure dei pretos velhos e delle crianças noi possiamo accedere ai semi di saggezza della “filosofia perenne” che ci parla, in questo caso, attraverso la profondità intuitiva dell’Umbanda.
La coincidenza e complementarietà di tutto ciò che è vivo, l’aspetto polare dell’esistenza, ritorna con la linea di Yori e Yorima. Così come Oxalà rappresenta il principio aggregante ed Exù il principio disgregante, allo stesso modo gli Yori e le crianças rappresentano l’inizio del cammino spirituale, e Yorima e i pretos velhos la sua realizzazione.
I primi stanno a significare la genuinità del bimbo, i secondi quella dell’adulto che ha saputo tornare bambino attraverso il compimento di sé; i primi la freschezza e la saggezza dell’incontaminazione, i secondi la freschezza e la saggezza di chi si è purificato dalle contaminazioni.
I primi, se vogliamo, corrispondono alla figura archetipica del matto, colui che vive nel presente senza certezze e senza chiedere nulla alla vita, i secondi al mago, colui che ha conosciuto e abbandonato le certezze del razionale per accedere alla saggezza profonda e, attraverso, questa realizzare la propria natura.