LA NOSTRA META E’ DAVVERO LA RAZIONALITA’ COMPLETA?

Ci troviamo di fronte alla necessità di approfondire il diverso valore che comunità diverse attribuiscono a determinati aspetti dell’esperienza. Così come gli Eschimesi pare abbiano diciotto nomi per altrettanti tipi di neve e la nostra cultura ne possiede uno, e può continuare a farlo senza problem
Tale “peccato originale” della nostra civiltà moderna ha dato luogo pertanto a una società fondata sulla coscienza razionale e a una psicologia infarcita dell’arroganza dell’ignoranza nei confronti delle dimensioni della coscienza.

a, allo stesso modo il nostro sistema di valori e di scelte etico-religiose è strutturato in modo tale da trascurare l’esistenza di diversi stati di coscienza. La negazione dell’esperienza interiore da parte della scienza a favore di una supposizione di oggettività e la sua subordinazione da parte della religione a imperativi morali imposti dall’esterno, ci consente di continuare a vivere ignorando le complessità della coscienza e utilizzando per questa un solo termine, mentre in sanscrito ne esistono una ventina. Si pensi a chitta, la sostanza mentale o a chit, la coscienza eterna della quale la sostanza mentale individuale è una manifestazione, oppure a turiya, l’esperienza di pura consapevolezza focalizzata su di un’idea o ancora a purusha, l’essenza della consapevolezza? 
Mentre, infatti, le psicologie transpersonali di ogni tempo grazie alle esperienze mistiche dei loro santi uomini hanno prodotto e continuano a produrre mappe, dottrine e insegnamenti che descrivono dettagliatamente e dimostrano inequivocabilmente l’esistenza, la complessità e i poteri degli spazi più elevati della coscienza, la scienza occidentale continua a operare sotto l’influenza di una scala di valori che considera lo “stato ordinario di coscienza” (coscienza razionale, mente duale) come il più adatto e tutti gli altri stati come inferiori o patologici. 
Charles Tart esprime così la convinzione implicita di molti degli scienziati, insegnanti e intellettuali del nostro tempo: “la nostra meta è la razionalità completa, e tutto ciò che vi sia di meno è uno stato di coscienza inferiore e più basso?”

Sulla base di tale convinzione l’uomo moderno ha costruito, secondo Tart, una scala di valori dove, appunto, la razionalità (la mente duale) è il valore primario. L’uomo moderno riconosce anche che la razionalità può spesso presentare tratti nevrotici dal momento che viene spesso sostituita dalla razionalizzazione di processi basati su pulsioni ed emozioni inconsce. Il mondo degli stati creativi viene considerato dalla nostra società in modo ambiguo: ammirato e rispettato quando rimane limitato nell’ambito artistico, ai margini del sistema, considerato “poco serio”, improduttivo e sconveniente nella “vita reale”. 
Ancora più in basso nella scala di valori sta lo stato di sogno per via del fatto che il sognatore non è in contatto con la “realtà consensuale”. Ai margini infimi della scala stanno gli stati di allucinazione e gli stati psicotici.

La mappa che possiamo tracciare sulla base degli studi di Tart ci presenta la visione del mondo degli stati di coscienza da parte dell’uomo razionale del terzo millennio. Volendo ridurre all’essenziale le considerazioni che si possono ricavare, ci potremo limitare a trovare conferma della negazione, da parte del sistema di valori “occidentale”, dell’esperienza interiore a vantaggio dell’esperienza “esteriore” e della scelta delle istanze di controllo a scapito di quelle di condivisione. 
Guardando alle cose da questo punto di vista si può notare l’inconsistenza del pensiero di molti occidentali per i quali la razionalità ha prodotto il benessere mentre la spiritualità orientale solo fame e arretratezza. 
Davvero vogliamo continuare a non renderci conto che coscienza razionale significa gli altri dentro di noi? che la razionalità altro non è che l’insieme di quello che ci è stato detto dagli altri durante tutta la nostra vita e forse anche prima, che la mente duale altro non sa che andare avanti e indietro nel tempo determinata dalle paure del passato e dai desideri per il futuro e che pertanto ci impedisce di vivere, dal momento che la vita si svolge adesso? 
Davvero vogliamo continuare a ignorare che questo nostro mondo deve ripartire dall’esperienza interiore se vuole avere una possibilità di divenire un mondo vivibile? 
Davvero vogliamo continuare a controllare la nostra natura più vera e a esercitare, di conseguenza, il nostro dominio sull’ambiente naturale nascondendoci dietro il fatto che in India muoiono di fame e che ci sono tanti santoni truffatori? 
Perché allora non leggiamo il Vangelo e ci rendiamo conto degli anni luce di distanza che esistono tra noi, la nostra società, i suoi valori e le parole del guru di Nazareth? Forse che le sue parole non venivano dal cuore e non invitavano alla condivisione? Forse che non parlava di un “altrove”, il Regno dei Cieli (dimensione transpersonale), di uno Stato di Grazia (stati di coscienza superiore), di angeli ed entità spirituali (fenomeni medianici); forse che non risuscitava i morti o non moltiplicava i pani (fenomeni paranormali)? 
Non si può proprio dire che si tratti di fenomeni di ordine razionale. Vogliamo continuare a liquidare come “sterile rinuncia al mondo” l’eredità di Gautama Buddha e continuare pertanto a trascurare i resoconti ampi e dettagliati delle esplorazioni di un essere umano all’interno della mente e delle sue scoperte circa l’esistenza di stati superiori della coscienza?

tratto da “Biotransenergetica”, di Pier Luigi ‪#‎Lattuada‬

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