Il misfatto della Realtà consensuale e oltre – P. L. Lattuada

In via generale, con misfatto, voglio intendere la diffusa abitudine di ragionare in termini duali trascurando una delle due polarità in gioco. Volendo usare una metafora potremmo considerare uno spettacolo teatrale e individuare ciò che si svolge sul palcoscenico come la polarità presa in considerazione e ciò che si svolge dietro le quinte come il “versante scordato”.
La parte non vista assume di volta in volta diversi aspetti: l’ombra, il vuoto, il soggetto, lo spirito, l’essenziale, la verità, l’amore e così via.
Nello specifico ci occuperemo di quella che, parafrasando Carandini, (Carandini 2012) chiameremo la civiltà capitalista e del misfatto che la realtà consensuale condivisa dalla nostra cultura perpetra, a mio avviso, indiscriminatamente.
Rileggendo otto secoli di capitalismo potremmo leggervi un gioco al rialzo che partendo da un proto-capitalismo fondato su una timida economia di mercato caratterizzata dal vendere per comprare, soddisfacendo così i bisogni primari legati alla sopravvivenza e secondari legati al proprio posto in società, si sofistica come ricorda il Carandini (Carandini 2012) in un comprare per vendere trasformando così il denaro in merce e ri-trasformando la merce in denaro.
Si passa così con l’identificare l’ottenimento di potere tipica della prima fase con il raggiungimento del profitto, l’efficienza nella produzione e accumulazione dei beni.
Spinta dalle formidabili molle della potenza e dell’efficienza la civiltà capitalista ha saputo organizzare sistemi per incanalare i suoi slanci primitivi sottoposti alle forze istintuali e inconsce dell’es lungo i percorsi socialmente accettabili decretati dal principio di realtà.
Due gli strumenti principali responsabili del miracolo: la scienza e la religione.
E non dobbiamo scomodare Cartesio per riconoscere nella scienza lo strumento per realizzare potenza ed efficienza sul mondo materiale e nella religione la via verso il potere trascendente dello spirito, niente meno che, il raggiungimento della vita eterna.
Ma cosa c’è di male nella volontà di potenza e di efficienza?
Dove sta il misfatto?
La volontà di potenza e di efficienza, ci spiega Maslow (Maslow 1971) è riconoscibile tra i bisogni secondari, di ordine personale che vanno soddisfatti nel trascendimento e inclusione in bisogni cosiddetti terziari o transpersonali. I bisogni transpersonali sono di ordine collettivo, altruistico, spirituale, fondati sulla consapevolezza che l’unità di evoluzione sia l’individuo e il suo ambiente e non l’individuo contro il suo ambiente. Tale consapevolezza guida l’individuo verso una società ad alta sinergia costruita su valori quali: condivisione, collaborazione, compassione, partecipazione, in una parola, l’inflazionato concetto di amore.
Ma certo, questi sono i valori propugnati dalla legge morale dei nostri sistemi religiosi, contenuti nelle nostre scritture, predicate dai nostri sacerdoti.
Allora ripercorriamo i nostri otto secoli di civiltà capitalista – evitando di regredire oltre verso la barbarie dei secoli bui, e osserviamo.
Guardiamo ai padri pellegrini che sbarcarono nel 1620 nel primo mondo, alla dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti del 1776, alla dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789, alla nascita delle grandi democrazie e chiediamoci quanti atti pubblici di un popolo, una nazione, un’organizzazione, una comunità possiamo riconoscere come dettati da un anelito di ordine transpersonale.
Ricca è la storia di atti eroici di sacrificio individuale, disseminate sono le nostre piazze di monumenti a salvatori della patria, ma quanti di questi, pur animati da nobili ideali, coraggio e spirito di abnegazione hanno agito in nome dell’amore e della condivisione? Garibaldi, Chè Guevara, Gandhi, Martin Luther King? Forse.
Chiediamoci quanto funzionale si sia rivelata la società capitalistica ad accogliere il messaggio dei diversi santi e illuminati dell’antichità quali: Gesù, Buddha, Maometto, Confucio, Lao Tsè, Osiride, Viracocha, Quetzacoatl, Deganavidah, e così via.
Pensiamo al potere immenso in termini di consenso e visibilità, di mezzi economici, strutturali  e mediatici posseduti dalla scienza accademica e dalla religione di stato e chiediamoci come mai l’umanità versi ancora in preda alla schiavitù del potere e dei suoi sottoprodotti quali: competizione, avidità, egoismo, efficientismo, dogmatismo, opportunismo e così via.
Azzardiamo un’ipotesi: se la scienza e la religione dominanti fossero funzionali al potere e al profitto? Se il paradigma positivista che domina la scienza e il codice morale che guida la religione fossero sinergici ad accumulo di capitale e competizione anziché a qualità della vita e condivisione?
Approfondiamola.
Non voglio affermare che deliberatamente la scienza e la religione attuali propugnino una  civiltà del potere e del profitto e combattano l’emergenza di una cultura dell’amore e della condivisione.
Voglio però sottolineare che, di fatto, nonostante i buoni propositi, le buone parole e spesso anche le azioni lodevoli, la scienza e la religione attuali sono funzionali alla realtà consensuale  e al sistema vigente.
Sostenere la scienza e a religione attuali per i risultati conseguiti, di fronte all’evidenza del misfatto, sarebbe come sostenere Mussolini perché ha istituito il sistema pensionistico e bonificato la maremma.
Soluzione?
Cara scienza, cara religione, caro Ministro, cara Sua Santità, da decenni si agita nel sottobosco culturale della nostra civiltà un nuovo paradigma, orientato all’unità e alla condivisione, alla sinergia e all’interconnessione; un paradigma che propone principi e metodi transpersonali, funzionali a trascendere e includere il potere nell’amore e il profitto nella condivisione.
Cara politica, caro Presidente della Repubblica, caro Primo Ministro, il nuovo paradigma, olistico-sistemico emergente suggerisce il risveglio dal sogno che vede il capitalismo contrapposto al socialismo; un risveglio che consentendo di scorgere in entrambi la comune spinta del potere e del profitto,  indica un orizzonte ulteriore.
Un orizzonte nel quale le categorie politiche attuali vengono riconosciute come figlie della stessa smania di potere, della stessa paura dell’insuccesso, dell’inefficienza e in ultima analisi della morte; dello stesso bisogno di sicurezza e di conferma che affligge il pensiero convenzionale del piccolo uomo razionale, ad un tempo figlio ed artefice della civiltà capitalista.
Cari potenti, forse potreste risvegliarvi all’alba dello sguardo unico, alzare in coro le vostre voci per recitare l’inno autentico dell’amore e della compassione che passa attraverso un pensiero post-convenzionale che trascende e include la morale nella consapevolezza, l’attaccamento ai propri beni e alle proprie convinzioni, con la condivisione e il dialogo, l’identificazione con la propria cultura e i propri ideali, con la scomparsa a se stessi, il trascendimento della volontà di potenza nel servizio per la collettività, il superamento del profitto e dei suoi derivati (PIL, SPREAD; RATING) nel vuoto dell’esperienza interiore, la liberazione dal mito dell’efficienza nell’umile accettazione della propria umanità e delle sue qualità.
Bibliografia
Carandini G. (2012) Racconti dalla civiltà capitalista, Laterza, Bari
Maslow A. (1971), Verso una psicologia dell’essere, Astrolabio, Roma.

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